domenica 26 ottobre 2014

Matteo 22,34-40: XXX Domenica Tempo ordinario - Anno A

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i profeti».

“Al cuor non si comanda” recita un detto popolare.  Del resto è possibile obbligare qualcuno ad amare?
Come spiegare allora il duplice comandamento che Gesù ci presenta come “il più grnade”, sintesi dei molteplici comandi e divieti contenuti nell’A.T. (se ne calcolavano 365, 1 per ogni giorno dell’anno)?
Certo se per amore si intende solo il sentimento spontaneo, c’è poco da comandare. Ma l’amore non coinvolge solo i sentimenti: l’amore è la realtà prima dell’uomo, il vero bisogno di tutti (quello di amare e di sentirci amati) e ci coinvolge in maniera completa, dunque anche la ragione e la volontà.

venerdì 17 ottobre 2014

Matteo 22,15-21: XXIX Domenica Tempo ordinario - A

Se iniziassimo a parlare di Renzi o Berlusconi, di Grillo o di qualunque altro politico, dopo poco saremo divisi e offesi dalle opinioni altrui. Un cristiano non può disinteressarsi della politica, anche se spesso divide e mostra il suo volto peggiore, perché la politica deve occuparsi del bene comune, della società e non possiamo amare gli altri senza occuparci del loro (e del nostro) contesto socio-politico.
Gesù ci invita a dividere e distinguere tra potere temporale e potere spirituale, riconoscendo il primato a Dio a cui appartengono tutte le cose ed è Signore della storia.
Come mettere in trappola Gesù? Il metodo migliore è quello di adularlo per poi spingerlo a prendere una posizione politica: è giusto pagare le tasse ad un impero che ci ha occupato con la violenza e ci sfrutta? Se avesse detto di si, avrebbe dovuto fare i conti con il suo popolo e con i pugnali degli zeloti. Se avesse detto di no, sarebbe stato denunciato alle autorità romane per sovversione e avrebbe dovuto fare i conti con le loro spade.

giovedì 16 ottobre 2014

PREFAZIO DEGLI INVITATI ALLE NOZZE (XXVIII T.O./ A)


Il Signore sia con voi
E con il tuo Spirito
In alto i nostri cuori
Sono rivolti al Signore
Rendiamo grazie al Signore nostro Dio
E’ cosa buona e giusta

E’ veramente cosa buona e giusta
renderti sempre grazie perché tu, o Dio,  
ci inviti al banchetto di nozze del tuo Figlio,
che è questa Eucarestia
che celebriamo nel giorno del Signore, la Domenica.

venerdì 10 ottobre 2014

Matteo 22,1-14: XXVIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno A


In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [...] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: Dite agli invitati: "Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!". Ma quelli non se ne curarono [...]. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Il significato della parabola è semplice: c’è un Re (Dio) che ha preparato la festa di nozze del figlio (Gesù, sposo dell’umanità). Gli invitati (il popolo d’Israele) hanno rifiutato l’invito, troppo preoccupati dei loro affari. Il Re non si arrende: manda i suoi servi (tutti coloro che collaborano con Dio) per invitare tutti coloro che avrebbero incontrato. La sala si riempie, è piena di cose buone da mangiare. Ma un tale non ha indossato l’abito nuziale (cioè non ha preso sul serio l’invito, è venuto mostrando poco rispetto) e viene cacciato dal re.
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sabato 4 ottobre 2014

Matteo 21, 33-43: XXVII domenica del tempo ordinario, anno A


La VIGNA amata dal Signore (1L) rappresenta ciascuno di noi e il popolo di Dio in generale.

La prima dimensione da sottolineare è, con Isaia, la passione che Dio ha per la sua vigna: amata, vezzeggiata, curata. Non perde occasione per mostrare il suo attaccamento amoroso nei confronti della sua creatura: “che potevo fare di più per te che io non abbia fatto?”. Che mostra ben poca gratitudine e corrisponde a tale amore con insofferenza e violenza.

Il padrone si aspettava un raccolto abbondante: il frutto della giustizia, della rettitudine, della solidarietà. Si ritrova invece uva inselvatichita: grida di oppressi, sangue e ingiustizia.

E’ chiaro il riferimento immediato di Gesù: parla ai capi del popolo, ai responsabili religiosi. Hanno preteso di farsi padroni di ciò che non è loro, ma è di Dio. Hanno disprezzato, fatto violenza, ucciso coloro che il Padrone ha, negli anni, mandato loro come suo rappresentante (vedi soprattutto i profeti). Ora si preparano ad uccidere il Figlio stesso del Padrone (ovvero Gesù, che sta anticipando gli eventi che lo porteranno alla morte di croce) pensando di diventare così unici eredi della vigna.