giovedì 22 marzo 2012

Marco 9, 2-10: il monte della Trasfigurazione

II Domenica di Quaresima Anno B
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro [...]

Dal DESERTO delle TENTAZIONI la liturgia ci conduce oggi sul MONTE della TRASFIGURAZIONE e se il deserto era il luogo simbolico in cui ogni uomo deve passare per scoprire i propri limiti e il proprio bisogno di Dio, così il MONTE è il luogo simbolico dell’incontro con Dio, della scoperta di come dietro i limiti della nostra umanità c’è una dimensione divina che ci è stata donata e che ci rassicura sul nostro destino eterno.
Siamo cenere e alito divino, esseri terreni e insieme spirituali, divini. Il cammino quaresimale si gioca su questi due estremi rappresentati dai luoghi simbolici del deserto e della montagna: dobbiamo cioè riscoprire, da una parte, la nostra fragilità creaturale, il nostro bisogno di Dio, le scelte che concretamente facciamo, dall’altra il nostro essere figli di Dio, destinati ad un avvenire luminoso, chiamati ad un rapporto filiale fatto di preghiera alimentata dalla Parola di Dio.
Abbiamo così gli elementi o gli strumenti tipici della quaresima:

Giovanni 3, 14-21: Dio ci ama!

IV Domenica di Quaresima, Anno BIn quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio (...)».

Avvicinandoci alla Pasqua la liturgia ci invita ora a guardare in alto: dopo averci stimolato per recuperare gli strumenti della penitenza (deserto delle tentazioni), della preghiera (monte della trasfigurazione) e della carità fraterna (tempio purificato), ora ci invita a guardare a Dio, colui “che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito”.
E che Dio ci ama lo ricaviamo dalla 1L (in cui la fedeltà di Dio và ben oltre l’infedeltà degli uomini), dalla 2L (in cui Paolo ribadisce la gratuità senza meriti dell’amore di Dio ricevuto in GC) e dal Vangelo (in cui è Gesù a ribadire come “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito”). Dunque tutta la liturgia ci ripete questo messaggio fondamentale, anzi, tutta la Scrittura può essere letta come una lunga e appassionata lettera d’amore di Dio nei nostri confronti.
Il cristianesimo è tutto qui: “noi non siamo cristiani perché amiamo Dio. Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama”.

Giovanni 12,20-33: Se il chicco di grano non muore

               V Domenica di Quaresima/ anno B
 In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.


-         vedere” nel linguaggio di Giovanni significa “conoscere intimamente”, entrare in relazione, non solo soddisfare una curiosità momentanea. E’ la domanda che attraversa i secoli e i popoli ed è il desiderio anche nostro: poter vedere, conoscere e credere realmente e pienamente Gesù[1]. Come fare?

mercoledì 14 marzo 2012

Giovanni 2,13-25: Gesù, nuovo Tempio

III Domenica di Quaresima Anno B

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». [...] Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» [...].
Silvano Fausti: Una volta il tempio era il luogo di mercato, ora si fa del mercato il tempio

Nel tempo le istituzioni, immancabilmente, diventano fine a se stesse, oggetto del potere dei re e dei sacerdoti che ci campano su, tutti e due, a spese del popolo. Nell’antico Israele c’era, però, qualcosa di più, e di diverso: il profeta, che è un anti-istituzionalista e che richiama politici e religiosi alla verità. Nella lettura di oggi, l’episodio della cacciata dal tempio visto dal biblista gesuita Silvano Fausti.

Ermes Ronchi:
Ogni vita è un tempio, casa di Dio